La dematerializzazione del sistema sanitario o, meglio, la transizione digitale della Sanità italiana, è un processo lungo e complesso, la cui conduzione permetterà tuttavia di conseguire importanti benefici per i cittadini. Ad esserne convinto, sulle pagine di Adnkronos, è Giuseppe Cattaneo, docente di Informatica all’Unisa e fondatore di CSA Unidoc, secondo cui i vantaggi della dematerializzazione in sanità sono apprezzabili in termini di riduzione degli errori, velocizzazione dei flussi e realizzazione di processi interni più snelli.
Naturalmente, il processo non è né breve né privo di ostacoli. Non è di fatti pensabile – sottolinea il docente – che sia possibile passare dall’oggi al domani, dall’analogico al digitale. Molti dati oggi nascono nativi digitali, come quelli delle immagini nella diagnostica, ma tanta documentazione in carta viene ancora prodotta negli ospedali. Ecco dunque che il lavoro da fare per condurre in porto una migliore transizione digitale appare essere notevole, così come notevoli sono le ricadute positive.
Si pensi, prosegue l’esperto, nella possibilità di analizzare dati certificati, qualificati dal punto di vista della leggibilità, evitando che qualcuno debba scendere negli archivi tirando fuori cartelle con dati presunti. Le cartelle cliniche dematerializzate possono invece generare un patrimonio enorme di informazioni, significativo sia per la scienza che per le nuove frontiere terapeutiche, come la genetica e i farmaci biologici.
Un’altra sfida da conquistare è quella dell’interoperabilità, perché – conclude Cattaneo – non possono più esservi piattaforme che anche nell’ambito sanitario non dialogano tra di loro. Ad ogni modo, sebbene il processo sia lungo e complesso, Cattaneo vede un Paese che già prima della pandemia aveva reagito. La pandemia ha certamente dato una scossa, ma i progetti in questo ambito erano già partiti, e hanno dunque subito un’accelerazione in tempi più recenti in virtù della necessità di rompere gli indugi dinanzi al contesto nel quale operiamo.